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Riscoprire Rino Gaetano

Rino Gaetano si trasferisce in giovane età  con la famiglia da Crotone  a Roma, dove  diverrà una delle voci fuori dal coro più innovative della musica italiana. Le sue canzoni a 40 anni dalla  scomparsa prematura  sono di una modernità che colpisce, la sua denuncia sociale più che mai attuale, la sua irriverenza purtroppo ancora bene assegnata.

E difatti, Rino  Gaetano è ancora d’ispirazione ed esempio a molti giovani musicisti che affrontano la musica con serietà e voglia di dire e di esprimersi , senza facili retrovie o soluzioni. Infiniti sono gli omaggi, le riletture e finanche i film ed i libri dedicati alla sua vita e alla sua poetica.

Nei testi spesso ironicamente surreale, tagliente, Rino nella sua breve ed intensa produzione racconta di amore e rabbia sociale, santi al rogo e ragazze che filavano e filavano, fratelli di figli unici regalandoci brani di grande spessore civile mascherati a volte da filastrocca o motivetti da fischiettare. Le sue canzoni, dolenti, sarcastiche, gioiose, hanno esplorato nuovi modi di narrare  con levitá storie terribili di sfruttamento, abbandono, piccinerie mondane, solitudini.

Studia da geometra, ma preferisce la musica, impara a suonare  la chitarra, interpreta la Volpe in un musical scritto da Carmelo Bene e si sceglie lo pseudonimo Kammammuri per provare ad entrare nell’ambiente discografico. Con questo nome  frequenta il Folkstudio , locale della capitale, fucina di talenti, ed esordisce conio singolo  “I love you Marianna”.

Il suo stile fuori dalle righe , obliquo, apparentemente illogico non viene compreso da pubblico e critica, che non si accorgono di lui e il disco passa sotto silenzio.

La prima  pubblicazione di un album  , questa volta con il suo vero nome, è “Ingresso Libero” del 1974.I suoi paradossi, la rabbia, il sarcasmo, l’amarezza  e a volte, una certa tenerezza sotterranea sono le strade che le sue composizioni continuano a battere . Da questo disco “Agapito Molteni il Ferroviere” e “L’operaio della Fiat” che si fanno sorelle di  altre importanti opere come l’album “Storia di un impiegato “ di De Andrè e “la locomotiva” di Guccini. La dura vita della classe operaia e delle piccole figure sfumate,  patetiche e insieme eroiche, in bilico tra il ridicolo e il magnifico , è affrontata da Rino Gaetano attraverso due composizioni scarne, essenziali, “Ad esempio a me piace il sud” dipinge con poche pennellate i forti colori delle strade impolverate, delle donne dalle vesti  scure sulla soglia delle case e delle campagne assolate. Amore , appartenenza e nostalgia sono gli ingredienti di questa canzone toccante e malinconica, “E la vecchia salta con l’asta” è una ballata dall’andamento antico, una giostra musicale in cui il cantautore  veste i panni del menestrello cantastorie. Il  viaggio di un cavaliere che attraversa villaggi e città è raccontata con ironia, il linguaggio è desueto, la voce a tratti imprecisa ma efficace. Una favola antica con finale beffardo , assurdo e divertito.

Nel 1975 il singolo “Ma il cielo è sempre più blu “ attira l’attenzione del pubblico. Data la durata del brano, che superava i 7 minuti, fu deciso di dividere “Ma il cielo è sempre più blu” in due parti, pubblicate sul lato A e B del 45 giri in vinile, ancora non esisteva il cd.

Bellissima canzone dall’arrangiamento essenziale, poggia  su un arpeggio di pianoforte,  gira e si avvita su se stessa ed ha un testo importante.C’è chi muore di invidia, chi è stato multato, chi odia i terroni, chi ha visto Onassis, chi vive in baracca e suda il salario, e chi ruba pensioni e gioca coi fili.

E su tutti “ il cielo è sempre più blu”, come a dire,  tutto continua immutato , e continua a ripetersi, e non cambierà.

Ma è con “Mio fratello è figlio unico”, pubblicato l’anno seguente che finalmente Rino Gaetano si conquista posto è credibilità nel ricco panorama cantautorale del momento. Il testo del singolo omonimo  canta frasi apparentemente slegate tra loro ma che compongono un quadro impietoso di luoghi comuni a cui tutti ci aggrappiamo ciecamente, per non sentire forse la mancanza di senso  delle cose, per regolare le nostre esistenze ad un ritmo comune che ci rassicura. L’interpretazione di Rino Gaetano è partecipe ed affettuosa, dolente ed al contempo rabbiosa. Di grande atmosfera,il brano diventerà poi, sempre più bandiera di generazioni a venire, che tentano di non cadere sotto l’omologazione bolsa e grigia  della società  contemporanea.

In questo album anche “Sfiorivano le viole”,  canzone che vive del sole caldo dell’estate, ennesimo gioco sperimentale di RinoGaetano che qui scherza con i generi e con le muse. Se la prima parte della canzone si sforza d’essere evocativa, la seconda si lascia andare e parte a briglia sciolta. Allora la verve di Gaetano prende possesso della canzone in ogni suo aspetto: la musica va incontro ad un cambio di tempo e mentre continua a rammentare attimi del passato amoroso, Gaetano chiama in causa la storia coi suoi protagonisti più insospettabili: La Fayette, Otto von Bismarck, Novaro e Mameli. Aneddoti tirati in ballo con inventiva ironia, in barba all’erudizione.

Impossibile non citare “Berta filava”, singolo di immenso successo, stralunata filastrocca rock in cui basso e chitarra ripetono un riff divertito e grottesco,

Con “Aida” del 1977 il cantautore continua la sua maturazione stilistica , senza peraltro perdere in freschezza ed originalità , e pur  esibendo una produzione più curata e attenta ai dettagli non rinuncia al suo credo peculiare. Il brano che da’ il titolo all’album è una ballata pop rock  con qualche traccia di blues dall’andamento pacato e stanco, come il passo di una donna, “Aida”, che è simbolo e alter ego di un paese che, come lei, ne ha viste e passate tante. Rino Gaetano passa a volo d’angelo su scenari della nostra storia, guerre, rosari, fame e povertà, corruzioni, dittatori e compromessi che sembrano ripetersi all’infinito. Il ritornello cita l’opera omonima di Giuseppe Verdi, e la voce graffiante del cantautore crotonese esprime tutta la rabbia e l’amore per un paese che non vuole e non sa cambiare. Ironia e poesia , sarcasmo e cronaca in una canzone che tuttavia resta facile all’ascolto, leggera nella sua spietata analisi, critica dolente travestita da canzonetta.

Nel disco anche la geniale “Spendi spandi effendi”,  in cui è protagonista  l’uomo comune, che in regime di crisi economica sogna di essere un sultano, di poter disporre di macchine costose e femmine di lusso, e per questo regalerebbe pure la figlia o la sorella,  ed “Escluso il cane” , una rock ballad dal testo   sincero, selvatico, diretto e al contempo enigmatico, giocoso. L’amore non esiste, in realtà nessuno mi ama davvero, racconta il cantautore, il cane è l’unico capace di vero amore, gli altri sono fini dicitori del nulla, falsi dichiaranti di sentimenti logori.

Nel 1978 il boom definitivo con “Nuntereggae più. “La voce ruvida e il tono beffardo di Rino Gaetano denunciano politici corrotti, programmi televisivi che inneggiano a prosciutti e lotterie, personaggi del jet set che invadono le nostre vite con commenti, fotografie, mentre la gente non riesce nemmeno ad arrivare a fine mese.

L’unico modo per non scoppiare di rabbia e dolore è riderci su, ma, intanto, non mollare e parlarne.

Quarant’anni dopo è sorprendente ed amaro scoprirne l’attualità, così come amaro è il commento finale di Gaetano. Tra giocatori , stelline della tv ed industriali, “Ma chi me sente?, e allora amore mio je t’aime, mon amour” e tutto finisce a tarallucci e vino.

È il disco della celeberrima “Gianna”, terza al Festival di Sanremo, e grande successo commerciale,  che sotto un motivetto facile ed accattivante  nasconde ancora una volta un esempio di tagliente ironia, e questa Gianna che sostiene “tesi e illusioni” sembrerebbe essere ancora una volta la classe politica… Ipotesi che sembrerebbe reale, perchè lo stesso Gaetano, in una intervista a “Discoring” , accennò al fatto di essersi ispirato a Majakovskji, che in alcuni scritti si beffava della corruzione dei politici del suo tempo, e fa riferimento all'”indossare uniformi con medaglie”, le stesse che sul palco dell’Ariston adornavano lo smoking del cantautore…

E denuncia sociale, ironica e salace è ancora presente in “Fabbricando case”. Qui il tono si fa duro, e la denuncia alla cementificazione selvaggia più leggibile. Probabilmente l’autore faceva riferimento alle speculazioni edilizie che negli anni 70 hanno sfigurato Roma,  ma questo fenomeno, come tutti gli altri raccontati dal cantautore, non ha mai cessato d’esistere.

Corista d’eccezione l’amico Francesco De Gregori.

Va citato inoltre “Q concert” , registrato durante un live al Palsport di Novara con i Perigeo e Riccardo Cocciante nel marzo del 1981, uscito postumo, dove Cocciante lascia il palco a Rino e alla sua struggente interpretazione di “A mano a mano”.

Nel 1980 ancora un bell’album, “E io ci sto”. Per registrarlo richiama in sala di registrazione il fior fiore dei musicisti attivi nella Capitale, Derek Wilson alla batteria, Stefano Senesi al piano, Alessandro Centofanti al synth e molti altri nomi eccellenti .  Rino  racconta della voglia di essere attivi, di vivere il proprio momento con la consapevolezza di esserci. Come sempre, la vena di ribellione, la voglia di far guerra non si quieta. Perchè è bello così, perchè questa è la sua essenza e non vuol venir meno . I fiati cantano il ritornello e chiudono a festa questo che purtroppo fu l’ultimo album  proposto dal cantautore, prima che un brutto incidente d’auto lo portasse via, nel 1981.

Gli arrangiamenti spaziano dalla ballata pop alla danza folk, ai ritmi latinoamericani, al reggae, i suoni sono caldi, molto spesso acustici, volutamente poco sofisticati.

Sfiorivano le viole

E’ una canzone che vive del sole caldo dell’estate, un ennesimo gioco sperimentale di RinoGaetano che qui scherza con i generi e con le muse. Ricordo di un giovane amore estivo, ingenuo e schietto, si avvia come ballata romantica in cui la chitarra sembra quasi gradevolmente trafelata per la calura. La passione veste ogni memoria di poeticità, la ricostruzione è  visibilmente tesa al lirismo. Ma se la prima parte della canzone si sforza d’essere palpabilmente evocativa, la seconda si lascia andare – nello stile più caratteristico del cantautore – e parte a briglia sciolta. Allora la verve di Gaetano prende possesso della canzone in ogni suo aspetto: la musica va incontro ad un cambio di tempo che per la realtà del cantautorato italiano contemporaneo è senz’altro ardito, mentre il testo si tinge di quel surrealismo canzonatorio che l’ha reso unico. Mentre continua a rammentare attimi del passato amoroso, Gaetano chiama in causa la storia coi suoi protagonisti più insospettabili: La Fayette, Otto von Bismarck, Novaro e Mameli. Aneddoti tirati in ballo con inventiva ironia, in barba all’erudizione. E in questa alternanza insondabile di classico amore da ballata e curiosità storiche all’impronta, si solleva silenziosamente un’intuizione: un amore indimenticato – proprio come un’intuizione geniale – non appartiene a nessuna epoca se non all’estate.

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