Only By The Night
-
1. Closer 3:57
-
2. Crawl 4:06
-
3. Sex on Fire 3:23
-
4. Use Somebody 3:51
-
5. Manhattan 3:24
-
6. Revelry 3:22
-
7. 17 3:05
-
8. Notion 3:01
-
9. I Want You 5:07
-
10. Be Somebody 3:47
-
11. Cold Desert 5:35
Quella dei Followill potrebbe essere la tipica storia da film americano: tre fratelli cresciuti in viaggio per il Sud al seguito di un padre predicatore pentecostale, istruzione in casa e solo canzoni religiose da suonare timidamente. Ma con il divorzio dei genitori e l’abbandono della vita consacrata da parte del padre, un evento decisivo: il trasferimento a Nashville, e la conseguente scoperta di una musica elettrica dal fascino irresistibile. Un’epifania rock. A quel punto Caleb, Ivan e Michael hanno arruolato il cugino Matthew e chiamato la neonata band di famiglia Kings of Leon, in onore del nonno.
Only by the Night è il loro quarto album, un successo in grado di consegnarli di diritto alle glorie dell’alternative rock oggi più amato dal pubblico. Le forti tinte southern degli inizi fanno spazio ad ambizioni più ampie, ad un’irruenza di respiro internazionale in grado di rendere l’album, tra le altre cose, il terzo disco dell’annata 2008 più venduto nel Regno Unito.
Closer: Su ipnotiche suggestioni elettroniche s’innesta il brano d’apertura, la drammatica Closer. E’ il lamento di un uomo abbandonato, una presa di coscienza confessata sulle macerie di un amore. L’interpretazione di Caleb Followill è il vero punto di forza di questo pezzo, che si muove come un vortice oscuro: la sua voce è tesa in un pathos tutto palpabile, perfetta resa di una disperazione reale, profonda.
Crawl: Opposta è la reazione cantata in Crawl, ultimo singolo estratto dall’album, che si tinge di un’accennata sensibilità politica. La musica si fa conseguentemente aggressiva, sporca nella sua genesi visibilmente Seventies e poi coniugata secondo sensibilità post-rock felicemente noisy. Non pochi hanno paragonato simili sforzi dei Kings of Leon alle sonorità degli U2: paragone calzante, che però i fratelli Followill riescono anche a superare quanto ad incisività.
Sex on Fire: Il singolo che ha lanciato l’album è la dichiarazione orgogliosa di una band in crescita: sono lontani i tempi dei canti religiosi suonati nelle chiese del Sud, ma sono lontani anche i tempi del primo rock così ancorato a chitarre da tradizione. Sex on Fire è uno sfogo di gridata voluttuosità, un tripudio di elettricità sudata guidato da una voce sempre più accesa e da ritmiche pressanti. Il ritornello, liberatorio in tutto il suo strepito, è un culmine esplosivo di energia.
Use Somebody: La traccia più celebre dell’album è senz’altro Use Somebody, secondo singolo estratto. Il successo di questo brano intrigante non conosce confini: Use Somebody ha trionfato in Europa, negli Stati Uniti e in Australia, ma anche ai Grammy Awards, dove si è conquistata, tra l’altro, il titolo di Best Rock Song. Un merito confermato dalla vastissima quantità di cover proposte nell’arco di appena sette anni.
Manhattan: Vissuta da giovani anime provenienti da altri mondi, la città che non muore mai diventa una filosofia di vita, e si trasforma in un inno all’avventura gioiosamente musicato dagli entusiasti Kings of Leon in Manhattan. L’energico programma di vita dei Followill li porta a prendere spazio sotto i riflettori con i rispettivi strumenti: più di tutti emergono il bassista Jared ed il chitarrista Matthew, pronti a farsi sentire con vibrante chiarezza.
Revelry: Terzo singolo estratto dall’album, Revelry ,è una raccolta di spezzoni di vita filmati a velocità raddoppiata; musicalmente, parte come una confessione di Caleb Followill cullata da una musica essenziale ed evocativa per poi crescere, farsi matura, emozionata ed emozionante nel riflettere consapevolezze e speranze, conquiste interiori affidate al cuore della notte.
17: Scritta – come il resto delle tracce dell’album – da tutti i quattro Followill, 17 riprende il fiato, dopo le esplosioni precedenti, con atmosfere rilassate ed affascinanti. Il testo è costellato di dettagli dalla natura misteriosa – ispirato ad una diciassettenne dai contorni sfumati. La musica abbraccia una calma prima sconosciuta, si muove inspirando ed espirando, permettendo a chitarre e basso di emergere con lucidità cristallina.
Notion: Una chitarra eccitata introduce Notion, quarto singolo estratto dall’album. Il brano è punteggiato di riff strumentali che appena dopo il primo ascolto riescono ad imprimersi nella mente con piacevole persistenza. Come raramente accade, Notion vede Matthew Followill dividersi tra chitarra e tastiere, contribuendo felicemente alla ricchezza dell’arrangiamento del pezzo.
I Want You: Ancora un brano la cui ricchezza descrittiva lascia spazio ad interpretazioni libere e differenti. Una carrellata di immagini dai dettagli vividi ma dal significato piuttosto misterioso. I Want You ha a livello musicale, più di ogni altro brano, il sapore di un’esecuzione live. Parte con i massicci colpi di batteria di Nathan Followill e l’ombroso riff di basso del fratello Jared, cui si uniscono poi chitarre e voce come in una distesa improvvisazione.
Be Somebody: Dopo aver cantato il bisogno di fare affidamento su qualcuno in Use Somebody, i Kings of Leon abbracciano finalmente l’opportunità di dimostrarsi qualcuno. Lo fanno nella densa Be Somebody. Costruita su un riff fosco ed un incalzante marciare di batteria, la canzone si distende nei ritornelli, aperti, illuminati da quel proposito cantato con intento deciso… “I’m Gonna Be Somebody”.
Cold Desert: L’album si chiude con Cold Desert, pezzo intensamente evocativo che riassume le tematiche dell’album e le fa sfilare con pathos penetrante. La metafora del deserto denso di solitudini ed inospitalità è efficace ed intelligentemente ricalcata dalla musica, arida, dura, priva di smussature. I ritmi rallentano imprimendo forza ai suoni, il lamento di Caleb Followill sfuma con una musica che presto torna a farsi fragorosa e satura di inquietudine.