London Calling
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1. London Calling 3:13
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2. Brand New Cadillac 2:09
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3. Jimmy Jazz 3:55
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4. Hateful 2:47
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5. Rudie Can’t Fail 3:27
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6. Spanish Bombs 3:18
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7. The Right Profile 3:53
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8. Lost in the Supermarket 3:47
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9. Clampdown 3:50
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10. The Guns of Brixton 3:12
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11. Wrong ‘Em Boyo 3:10
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12. Death or Glory 3:55
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13. Koka Kola 1:49
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14. The Card Cheat 3:50
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15. Lover’s Rock 4:03
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16. Four Horsemen 3:00
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17. I’m Not Down 3:00
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18. Revolution Rock 5:36
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19. Train in Vain 3:11
Eccoci dinanzi ad una band storica che ha partorito un album, uscito alla fine degli anni ’70, ma che è tra i migliori e più rappresentativi della decade successiva.
London Calling è una pietra miliare della scena musicale britannica di quel periodo ed è un doppio album, concepito da una formazione nata dal movimento punk, che ha saputo miscelare come poche altre bands, tantissimi elementi di altri generi (ska, rockabilly, rhythm & blues, reggae, jazz), creando qualcosa di singolare e stupefacente, che ha ispirato molti altri gruppi in seguito.
La band qui è nella sua formazione classica per eccellenza: Joe Strummer (voce e chitarra ritmica), Mick Jones (chitarra solista e ritmica e voce), Paul Simonon (basso e voce) e Topper Headon (batteria e percussioni).
I Clash probabilmente, è stata la band più creativa emersa dal punk-rock e questo album ne è un esempio sgargiante, a cominciare dalla copertina con Paul Simonon in primo piano, immortalato a sfasciare il suo basso sul palco e che si ispira, molto chiaramente, alla copertina del primo disco di Elvis Presley.
L’album è composto da 19 tracce, tutte suonate dal vivo in studio, con la produzione di Guy Stevens (Free, Procol Harum, Mott The Hoople).
Si comincia con la title-track imperiosa e fiera, con le chitarre e la batteria all’unisono e il basso a creare la linea melodica: una canzone reggae al contrario, ossia gli accordi in battere anziché in levare.
A seguire Brand New Cadillac, dove i Clash si cimentano in una delle 3 cover dell’album: trattasi di un brano rockabilly di Vince Taylor del 1959, interpretato con grande personalità e un grande impatto sonoro.
Le altre 2 cover sono “Wrong ‘Em Boyo” e “Revolution Rock”, rispettivamente le tracce 11 e 18; la prima è quella di un brano rocksteady-ska dei Rulers che a loro volta avevano ripreso Stagger Lee di Lloyd Price; la seconda (letteralmente esplosiva) è di un brano reggae di Danny Ray, arricchito dai fiati degli Irish Horns, ospiti speciali nel disco.
In “Jimmy Jazz” (terza traccia) si rallenta il ritmo con fischiettii, fiati e un basso che passeggia su una linea morbida e ritmata, accompagnata da una chitarra dal suono metallico e filtrata da un pedale wah-wah, mentre in “Spanish Bombs” (sesta traccia) si parla della guerra civile spagnola del 1936-39: se le parole pronunciate in spagnolo da Strummer suonano magari poco iberiche, l’accordo in minore di Jones su “corazon” va invece dritto al cuore, appunto.
Nella traccia 4 (Hateful), Strummer descrive la natura “odiosa” degli spacciatori di droga, in questo caso l’eroina, ossia la sostanza che aveva ucciso il suo amico Sid Vicious (Sex Pistols).
“Rudie Can’t Fail” (traccia 5) vede Strummer e Jones duettare in un brano esuberante, magistralmente sostenuto dai fiati degli Irish Horns.
Meritano senz’altro una citazione anche: l’anti-capitalistica “Clampdown” (traccia 9); l’energica “Death Or Glory” (traccia 12) che parla delle generazioni precedenti di rock stars che giuravano che sarebbero morte prima di invecchiare;
la reggaeggiante “Guns Of Brixton” (traccia 10), cantata da Paul Simonon, che ne delinea la linea melodica con un giro di basso ipnotico, nonchè le due tracce cantate da Mick Jones, ossia: “Lost in The Supermarket “ (traccia 8), che parla di uno sfrenato consumismo divoratore della vita del cittadino del mondo capitalista. che sin dalla giovane età è escluso e alienato dalla società stessa e “Train in Vain” (traccia 19 – qui in versione rimasterizzata), che originariamente non era indicata sulla tracklist dell’album, ma che appariva come traccia fantasma alla fine dell’album.
Questo, tra l’altro, fu il primo singolo dei Clash ad entrare in una Top 30 statunitense.
In definitiva, l’uscita di “London Calling” fu un vero spartiacque, in quanto sancì la fine degli anni ’70, ma anche la fine di una stagione musicale. Un’intera generazione di giovani, all’indomani della sua uscita, percepì, forse già con un pizzico di nostalgia, il definitivo tramonto del movimento punk “storico”, ossia di quello che, in buona parte, si era identificato con la storia dei gruppi inglesi che l’avevano alimentato e supportato.