Live At Pompeii
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1. 5 A.M. 3:13
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2. Rattle That Lock 5:21
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3. Faces of Stone 6:00
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4. What Do You Want From Me 4:30
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5. The Blue 6:33
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6. The Great Gig in the Sky 6:02
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7. A Boat Lies Waiting 4:55
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8. Wish You Were Here 5:18
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9. Money 8:13
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10. In Any Tongue 7:47
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11. High Hopes 9:31
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12. One of These Days 6:32
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1. Shine On You Crazy Diamond (Pts. 1-5) 12:30
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2. Fat Old Sun 6:05
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3. Coming Back to Life 7:18
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4. On an Island 7:01
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5. Today 6:40
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6. Sorrow 10:50
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7. Run Like Hell 7:16
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8. Time / Breathe (In The Air) (reprise) 6:45
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9. Comfortably Numb 9:59
Flashback: nell’ottobre 1971 i Pink Floyd suonano nell’anfiteatro di Pompei e vengono ripresi da Adrian Maben: il film “Live at Pompeii”, è un successo, un pezzo di storia della musica che entra nell’immaginario collettivo, non solo in quello dei (numerosissimi) fan della band – che continuano a riguardarlo e a ricomprarlo, in ogni formato disponibile.
Flashforward: nel 2015 i Pink Floyd sono ormai storia – dopo l’estemporanea reunion del 2005 tra Gilmour e Waters per il Live 8 e dopo la pubblicazione nel 2014 di “The endless river”, il disco ricavato da incisioni effettuate tra il 1993 e il 1994 con Nick Mason e Richard Wright.
Quell’anno Gilmour torna alla carriera solista e pubblica “Rattle that lock” il quarto lavoro a suo nome, a quasi 10 anni di distanza da “On an island”. Come già per il disco precedente, si lancia in un lungo tour, che parte in contemporanea all’uscita. Già nel settembre del 2015 Gilmour suona in Italia, all’Arena di Verona e a Firenze. Ci tornerà pure nell’estate 2016, dove si esibirà anche a Roma. Ma non è niente in confronto a quello che succede in mezzo alle date nella capitale e in Veneto. Il 7 e l’8 luglio Gimour torna ad esibirsi nell’anfiteatro di Pompei.
L’intuizione è del promoter D’Alessandro & Galli, che ha già portato poco tempo prima Elton John a suonare all’interno degli scavi. Ma la cosa è diversa: nel ’71 si trattava di un concerto a porte chiuse, per una troupe. Qua di due date aperte al pubblico. Niente più apparecchiature della band dell’epoca, portate a spalla dai roadies. Si tratta di installare da un palco avveniristico e da una crew di diverse decine di professionisti, e di gestire un pubblico pagante: i biglietti vengono messi in vendita a 300€ e il 60% verrà venduto all’estero.
Il caso (o forse la volontà degli organizzatori) vuole che il regista Maben venga invitato a presentare la sua mostra dedicata al film dei Pink Floyd all’interno dell’anfiteatro, e si aggira nelle ore prima del concerto tra gli spettatori, costruendo un ponte tra passato e futuro.
Ma lo show è radicalmente diverso: la macchina scenografica diMarc Brickman, lo schermo circolare alle spalle della band, valorizzano il lavoro musicale. La band è rodata da quasi un anno di tour, e gira a mille, guidata da Gilmour, che alterna brani solisti a brani storici dei Pink Floyd in un canovaccio ormai consolidato, reso più emozionante dal luogo, che si concede persino una (grossa) sorpresa nell’inclusione di “The Great Gig In The Sky”, che era stata eseguita per l’ultima volta da Gilmour a Londra nel 2006.
“ A mezzanotte tutti a casa: il sogno si è avverato”, scrisse Rockol nella recensione, la notte stessa”. “I ricordi di questo concerto, che i presenti si portano a casa catturati dai loro occhi ma anche dagli immancabili smartphone, saranno rinverditi a breve dall’immancabile
dvd atteso alla fine del tour che permetterà al mondo di poter assistere in poltrona e su impianti sonori adeguati, uno concerto al quale questa volta il termine storico sembra calzare assolutamente a pennello”.
E infatti DVD e CD arrivano nel settembre 2017, con un passaggio nei cinema. Sono la fedele testimonianza del clima e delle emozioni legate all’ultimo tour di David Gilmour, diviso tra le canzoni dei suoi ultimi due album solisti e le migliori canzoni dei Pink Floyd dal loro ultimo tour del 1994. E ci mostrano chi è oggi David Gilmour: le sue ultime opere sono sicuramente meno rilevanti per la storia del rock, ma è dotato di una “voce” inimitabile. Ha un suono che è come un’impronta digitale. Possiede un controllo dell’emissione del suono formidabile, una gran capacità di suonare e far suonare gli altri, un gran gusto per le sfumature, anche vocali, e un senso “narrativo” degli assoli sempre più raro. Il film di Maben era carico di tensione ed esprimeva un senso di esplorazione verso l’ignoto. “Live at Pompeii” ci mostra quali sono i confini dell’universo rock che è stato codificato in quegli anni..