Fattalla
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1. Fattallà 6:10
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2. Suddd 6:13
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3. Suddd 5:31
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4. Sole 7:49
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5. Sole 4:32
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6. Fattallà dub 5:05
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7. Panama 5:18
“Fattallà” è il titolo di una delle canzoni più note degli Almamegretta e di un EP pubblicato nel 1994, un periodo cruciale per la storia del nostro pop. La band napoletana partecipa da protagonista alla rinascita dal basso della musica italiana mischiando suggestioni terzomondiste con la passione per il dub e per la musica elettronica.
L’EP assembla tracce dal vivo, remix, versioni dub seguendo una pratica musicale già ampiamente sperimentata in Inghilterra, e non solo. È una specie di puzzle tecnologico che contribuisce a consolidare la fama degli Almamegretta.
Nei primi anni ’90 la musica italiana inizia un processo di rinnovamento. Una nuova generazione di musicisti sposta il baricentro del pop italiano verso musiche nere ed elettroniche. L’onda lunga del rap americano è giunta sulle nostre coste e cresce nell’humus controculturale dei centri sociali e in generale della sinistra. Napoli è in prima linea. È una città “nuova, dura, agguerrita, battagliera”, scrive Repubblica alla fine del 1993, “che esprime rigetto per gli stereotipi e le mistificazioni di ogni tipo”. Fra i protagonisti di questa rinascita ci sono gli Almamegretta. Il gruppo del cantante Raiz (all’epoca si fa chiamare Reeno), del batterista Gennaro T, del tastierista Pablo, del dj D.Rad pubblica l’album decisivo “Animamigrante” proprio nel 1993. “Nelle loro canzoni si avvertono i rumori e gli umori della strada, si percepisce un’ispirazione che si è rafforzata a contatto con la gente”.
Nel febbraio 1994 il gruppo parte in tour. È un successo che va oltre le aspettative. “Ci siamo resi conto” racconteranno due anni dopo ad Alessandro Pestalozza per un libro della casa editrice Arcana “che anche fuori da Napoli ci veniva a vedere un sacco di gente, cosa che inizia a permetterci di poter rinunciare ai concerti in locali piccoli e di poter disporre di un livello tecnico dell’impatto più alto”. All’interno del gruppo si discute della nuova direzione da prendere. C’è l’idea di abbandonare il format tradizionale della band, legato alla musica rock, per ripensarsi come collettivo che si confronta di volta in volta con progetti e soggetti nuovi. Ci si avvicina al dub che, come dice Raiz, è una musica molto tecnologica, eppure antica, “che sa Africa”. La tecnologia da mezzo diventa fine. “Il dub per noi è un biglietto per salire su una nave che ti porta in giro per il mondo. La possibilità di uscire da una gabbia etnica e culturale, il tentativo di essere liberi in tutti i sensi”.
Il 1° maggio la band partecipa al concertone dei sindacati in Piazza San Giovanni, a Roma. Migliaia di persone saltano ascoltando “Fattallà”. È una delle canzoni chiave dell’album del 1993 e diventa il fulcro dell’EP prodotto con l’inglese Ben Young allo studio Megaride di Napoli, che è diventato un po’ la casa degli Almamegretta. In una quarantina di minuti, il disco assorbe l’influenza che la musica giamaicana ha esercitato su quella inglese. Si guarda all’etichetta On-U Sound di Adrian Sherwood e ai sound system di Bristol (il legame con i Massive Attack darà vita a un remix di “Karmacoma” che porterà il nome degli Almamegretta anche presso il pubblico inglese). Si usa il dialetto, una lingua più malleabile dell’italiano. “Ma soprattutto è meno retorico”, dirà Raiz. “Usare il dialetto significa non usare la lingua delle istituzioni”.
“Fattallà” è il pezzo portante dell’EP, una canzone-slogan il cui titolo assume un doppio significato. Come spiega Raiz nella registrazione che apre l’EP, effettuata durante il concerto del 1° maggio, “fattallà è la cosa che viene detta a tutte le persone che vengono dall’Africa e dall’Asia a cercare un po’ di legittima felicità dopo che la civile Europa gli ha devastato i loro Paesi di provenienza. L’unica cosa che viene detta è fattallà, che in napoletano significa vattene”. E a metà canzone, facendo riferimento al primo governo Berlusconi che si sta insediando in quei giorni: “Diciamocelo noi fattallà a questo regime in doppio petto, a questo regime fatto di televisioni e di luci della ribalta. Sappiamo bene, con noi non useranno né manganello, né olio di ricino, sicuramente. Hanno delle armi più potenti: cinque televisioni e quattro giornali”.
Il disco contiene anche un nuovo mix e una versione dub di “Sudd”, che per la band è “il brano che forse meglio sintetizza il senso del nostro lavoro, della ricerca verso un suono contaminato e completo, con un testo che è una sorta di riassunto della storia del sud”. In una delle due versioni, quasi house, il gruppo si diverte a utilizzare il suono di una pallina da ping pong come rullante e il gracidare di rane come charleston. Vi sono poi due versioni di “Sole”, una delle canzoni più pop dell’album del 1993 e che la formazione si porta dietro fin dalle proprie origini, e un’altra “Fattallà” in chiave dub registrata dal vivo nel marzo 1994. L’EP si chiude con una versione stravolta di “Panama” di Ivano Fossati commissionata dalla BMG per una compilation, ma mai utilizzata.
“Fattallà” è un disco originale per la scena italiana, che si sta abituando in quegli anni ai remix e alla presenza dei dj al posto di musicisti. L’EP è, nelle parole di D.Rad, una sorta di sfogo dopo il gran lavoro fatto per l’album “Animamigrante”. La band riprende esperimenti compiuti durante le session di quel disco e poi a scartati. È anche un modo per sperimentare una prassi produttiva che negli anni successivi diverrà dominante: “Oggi oramai, con i mezzi che ci sono, tutti possono prodursi i propri lavori, l’approccio alla musica è del tutto rivoluzionato rispetto agli anni passati”.