Faith
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1. Faith 3:13
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2. Father Figure 5:41
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3. I Want Your Sex 9:13
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4. One More Try 5:53
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5. Hard Day 4:54
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6. Hand to Mouth 4:35
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7. Look at Your Hands 4:35
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8. Monkey 5:05
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9. Kissing a Fool 4:36
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10. A Last Request (I Want Your Sex) 3:43
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1. Faith 3:07
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2. Fantasy 5:02
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3. Hard Day 9:05
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4. I Believe (When I Fall in Love It Will Be Forever) 7:05
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5. Kissing a Fool 4:37
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6. Love’s in Need of Love Today 4:46
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7. Monkey 4:52
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8. Monkey 7:30
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9. Monkey 8:06
“Faith” è il padre di tutti gli album di debutto delle pop star che lasciano un gruppo di sicuro successo per inventarsi una carriera solista. È il 1987 e grazie a questo disco George Michael si mette definitivamente alle spalle gli Wham! e stabilisce un precedente importante: anche una pop star amata dagli adolescenti e accusata d’essere un fenomeno passeggero può governare la propria carriera, scriversi le canzoni, curare la direzione artistica, portare la musica in un territorio pop adulto. E nel farlo, centrare un successo strepitoso: in questo caso, Grammy per l’album dell’anno; vari American, MTV e Brit Awards; 25 milioni di copie vendute nel mondo; vari 45 giri al numero uno delle classifiche inglesi e americane. “Faith” è anche il tipico album anni ’80 dalla vita lunga, alimentata dai singoli tratti mese dopo mese: il primo esce nel giugno 1987, il settimo quasi un anno e mezzo dopo.
La storia di “Faith” inizia nella primavera del 1986, quando George Michael e Andrew Ridgeley annunciano lo scioglimento degli Wham!. Il cantante vuole parlare a un pubblico dal gusto più sofisticati, il duo non è il mezzo con il quale raggiungere l’obiettivo. Del resto, due anni prima Michael ha pubblicato un singolo da solista d’enorme successo, “Careless whisper” (scritto con Ridgeley e in alcuni paesi accreditato a Wham! featuring George Michael), che lasciava intravedere una nuova strada. Ora il cantante ha le idee chiare: vuole un suono pop che strizzi l’occhio al moderno R&B. Fra il 1986 e il 1987 scrive le canzoni dell’album (una sola è co-firmata con David Austin) e le registra fra Inghilterra e Danimarca. “Questi pezzi” scriverà “sono il frutto degli ultimi due anni della mia vita”.
Il primo singolo a uscire è “I want your sex”, testo esplicito (“Sex is natural, sex is fun, sex is best when it’s one on one”) e musica tra electro, funk e R&B, qualcosa che avrebbe potuto fare Madonna, non l’ex idolo delle ragazzine. E difatti tutti ne parlano e forse per la prima volta George Michael viene trattato da artista. Otterrà persino maggiore successo la title track, singolo più venduto in America nel 1988. È introdotta da un organo da chiesa che suona il tema di “Freedom” degli Wham! ed è una dichiarazione di intenti, di libertà dal passato. Una chitarra acustica è suonata nello stile ritmico di Bo Diddley, mentre il testo racconta una storia di tentazione sessuale. Cambia anche l’immagine. Nel videoclip, Michael si presenta con barba incolta, jeans e giubbotto di pelle nera, un look da rock’n’roll anni ’50. Il giubbotto diventerà talmente iconico da spingere il cantante a farlo bruciare nel video di “Freedom 90”, per segnalare un nuovo cambiamento.
Lo stile esuberante torna in “One more try”, solo che qui emergono influenze soul e rhythm & blues, mentre “Father figure” racconta di un amore totalizzante che spinge il protagonista a desiderare di essere “la tua figura paterna”. E poi ci sono testi non ci si aspetta: in “Hand to mouth” Michael descrive un’America fatta di povertà e desolazione, in “Look at your hands” racconta il matrimonio in disfacimento di una ex. Il pezzo che chiude il lavoro, “Kissing a fool”, è frutto dell’amore del cantante per il jazz, passione che emergerà ancora più chiaramente negli anni seguenti. È un successo globale. Dei singoli pubblicati, ben quattro entrano al numero uno della classifica americana. In quell’epoca, solo Michael Jackson e Whitney Houston fanno di meglio.
Cresciuto con i dischi dell’etichetta Motown, già ai tempi degli Wham! George Michael considerava l’approvazione del pubblico di colore americano come una “giustificazione a quel che facevo, una consolazione per l’assoluta mancanza di credibilità”. E così, per scrollarsi di dosso l’immagine del teen idol, s’ispira alla musica nera, ai suoi ritmi e suoni, alla sua sensualità. Porta echi di urban nel pop, lo usa come lasciapassare per introdurre se stesso e i suoi fan a un mondo adulto fatto di sesso e tentazioni, degrado e scelte difficili. L’operazione riesce alla perfezione e “Faith” diventerà il primo album della storia di un artista bianco (per di più inglese con padre cipriota) a raggiungere la vetta della classifica Black di Billboard, un traguardo tagliato anche grazie alla credibilità guadagnata duettando nel gennaio 1987 con Aretha Franklin in “I knew you were waiting for me”. Per George Michael è un’immensa soddisfazione: “Mi sono sentito molto più felice quando ‘Faith’ è andato al numero uno della classifica Black rispetto a quando è finito in cima a quella Pop”.