Banco Del Mutuo Soccorso
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1. In volo 2:12
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2. R.I.P. 6:32
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3. Passaggio 1:12
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4. Metamorfosi 10:52
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5. Il Giardino Del Mago 18:24
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6. Traccia 2:05
Qualche illuminato ascoltatore all’alba dei ’70 conosce Francesco “Big” Di Giacomo e gli altri musicisti che compongono la formazione di questo fulminante esordio. Provengono da gruppi con nomi “naif”: Le Esperienze (Di Giacomo, D’Angelo, Calderoni), Fiori di Campo (Todaro), mentre i due Nocenzi hanno da poco registrato alcuni brani per la RCA (tre inclusi nella musicassetta “Sound 70”) con musicisti diversi, tra cui il chitarrista Gianfranco Coletta (ex Chetro & Co, poi nella Reale Accademia di Musica). Le Esperienze si sciolgono dopo la seconda edizione del Festival Pop alle Terme di Caracalla, maggio 1971 a Roma, mentre Todaro ha già raggiunto i Nocenzi: nasce il Banco che più conosciamo. Nel 1972 esce l’ormai leggendario Salvadanaio, così viene comunemente chiamato questo omonimo album d’esordio del Banco, nome derivato dalla copertina sagomata a forma di un salvadanaio di terracotta. Nel suono, sicuramente notevole, spicca una splendida voce, lirica e potente, supportata da incredibili intrecci tastieristici; le sei composizioni esplorano i nuovi linguaggi del rock sposandoli alle proposte mediterranee, anche di provenienza classica. Ci sono brevi racconti (In Volo, Passaggio, Traccia) e storie maestose (i 10 minuti di Metamorfosi e i 18 de Il giardino del mago); a metà, come tempi, si posiziona l’irruenta R.I.P. (Requiescant In Pace), dove la condanna della guerra è solo la prima delle posizioni nette del Banco contro le storture di una società ingiusta, come recita il testo: “Cavalli corpi e lance rotte si tingono di rosso, lamenti di persone che muoiono da sole, senza un Cristo che sia là. Pupille enormi volte al sole, la polvere e la sete, l’affanno della morte lo senti sempre addosso, anche se non saprai perchè. Requiescant in pace. Requiescant in pace. Su cumuli di carni morte hai eretto la tua gloria ma il sangue che hai versato su te è ricaduto, la tua guerra è finita vecchio soldato. Ora si è seduto il vento, il tuo sguardo è rimasto appeso al cielo, sugli occhi c’è il sole nel petto ti resta un pugnale e tu no, non scaglierai mai più, la tua lancia per ferire l’orizzonte, per spingerti al di là, per scoprire ciò che solo Iddio sa, ma di te resterà soltanto, il dolore, il pianto che tu hai regalato, per spingerti al di là, per scoprire ciò che solo Iddio sa. Per spingerti al di là, per scoprire ciò che solo Iddio sa”. A Di Giacomo è stata più volte posta la domanda a quale brano del Banco fosse più legato: “difficile sceglierne uno solo in un repertorio così vasto, e a cui sono affettivamente legato, quasi impossibile. Forse Canto nomade per un prigioniero politico, emozionante, anche se l’abbiamo suonata poco dal vivo. Però, se proprio dovessi rispondere, giusto con una pistola alla tempia, allora sceglierei RIP. Mentre Vittorio Nocenzi ricorda l’artigianalità con cui si suppliva alle carenze tecniche degli strumenti per incidere al meglio la grande musica di questo disco: sentivo l’esigenza di andare oltre gli strumenti ordinari come il pianoforte, l’organo Hammond, la chitarra elettrica o il basso. Volevo andare a rompere le barriere sonore con i nuovi sintetizzatori ma il Banco non ne possedeva uno, così utilizzai l’oscillatore che i tecnici della Ricordi utilizzavano per tarare gli strumenti elettronici: feci dei segni con la matita sulla manopola, corrispondenti ai toni e ai semitoni e muovendo in fretta la stessa manopola ottenni dei suoni intonati e adatti al mio scopo. La necessità aguzza davvero l’ingegno”. Nonostante sia un disco splendido a livello complessivo il pubblico del rock ha sempre amato R.I.P. e Il giardino del mago più degli altri.