Le Onde
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1. Canzone popolare 0:57
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2. Le onde 4:55
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3. Lontano 4:49
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4. Ombre 5:23
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5. La linea scura 4:53
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6. Tracce 3:57
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7. Questa notte 5:10
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8. Sotto vento 7:02
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9. Dietro l’incanto 4:46
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10. Onde corte 3:22
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11. La profondita del buio 3:52
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12. Passaggio 4:46
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13. L’ultima volta 4:24
Il compositore e pianista che si esibisce alla Scala di Milano, che entra in classifica nel Regno Unito, che in Francia è Commandeur de l’Ordre des Art set des Lettres, che sale sul palco con i Mumford & Sons acclamato dal pubblico è stato per quarant’anni un perfetto sconosciuto, un musicista su cui nessuno puntava. E del resto, chi poteva prevedere il successo di Ludovico Einaudi in un periodo in cui la musica contemporanea era un piacere per pochi e gli album di solo pianoforte erano considerati lontani dal gusto degli acquirenti di dischi? “Le onde” del 1996 è il lavoro grazie al quale il compositore si fa conoscere al pubblico, un ciclo di ballate per pianoforte ispirato all’omonimo romanzo Virginia Woolf del 1931, tredici composizioni dal fascino sottile e dal tono meditativo.
Figlio dell’editore Giulio e nipote del Presidente della Repubblica Luigi, nato a Torino ma trasferitosi a Milano, Ludovico Einaudi si diploma in composizione al Conservatorio Giuseppe Verdi e si perfeziona sotto la guida di Luciano Berio cui dedicherà “The elements”. Il suo linguaggio sonoro è radicalmente diverso da quello del maestro, specie quando decide di proporsi come esecutore della propria musica al pianoforte, una scelta che segnerà una svolta decisiva alla sua carriera e che arriva a 41 anni d’età. “Non è stato facile”, confesserà, raccontando il pre “Le onde” a Io Donna, “ho avuto momenti di crisi, di difficoltà, durante i quali sentivo di dover capire quale potesse essere la strada giusta per guadagnarmi da vivere con la musica. Sono stati anni di studio e preparazione professionale, non era affatto scontato che un giorno sarei riuscito ad arrivare dove sono arrivato”.
E invece ci arriva con quest’album per solo pianoforte. “Se questo disco fosse una storia”, scrive Einaudi nelle note di copertina, “si svolgerebbe sul lungomare di una lunga spiaggia. Una spiaggia senza inizio e senza fine. La storia di un uomo che cammina lungo questa riva e forse non incontra mai nessuno. Il suo sguardo si sofferma ogni tanto ad osservare qualche oggetto o frammento portato dal mare, le impronte di un granchio, un gabbiano solitario. Il paesaggio è sempre la sabbia, il cielo, qualche nuvola il mare. Cambiano solo le onde, sempre uguali e sempre diverse, più piccole, più grandi, più corte, più lunghe”. In quanto all’ispirazione letteraria, dirà a Radio Alt che il libro di Woolf lo affascinava “perché ha dei corsivi che raccontano la veduta di un paesaggio marino dall’inizio della giornata con il sole del mattino e poi ogni volta, ritornando, con una luce diversa. C’è un’evoluzione del tempo, del giorno, e il romanzo finisce con questa stessa visione nel buio della notte. Mi piacciono i romanzi che mi fanno pensare, che mi lasciano qualche cosa dentro che in qualche modo sedimenta, qualche cosa di creativo”.
Nei 60 minuti del disco Einaudi ricrea le immagini evocate dal libro. Se la title track sembra svilupparsi dall’arpeggio, come onde appunto che si prendono vita come mosse da moto perpetuo, la breve “Canzone popolare” che apre l’album prende spunto da un canto popolare francese del Cinquecento. In “La linea scura” il pianista pare tradurre in musica quel che si prova ad osservare la linea descritta da Woolf che separa il mare dal cielo poco prima dell’alba, in altri passaggi evoca il tono riflessivo e la semplicità incantata di Satie. Nel 1996 nessuno si aspetta che una musica tanto raffinata e delicata possa fare breccia presso il pubblico. Non ci credono nemmeno i negozianti: in un primo momento vengono prenotate solamente 38 (trentotto!) copie dell’album. Se ne venderanno 10 mila nella sola Inghilterra dove molti anni dopo il Telegraph chiamerà Einaudi l’inventore di un nuovo genere: l’atmospherica.