I’m Not Dead
I’m not dead” è il manifesto d’indipendenza di Pink. Pubblicato nel 2006, l’album restituisce alla cantante, vero nome Alecia Moore, la fama guadagnata con “Missundaztood”, 12 milioni di copie vendute nel mondo, e che sembrava perduta dopo l’esito incerto del disco del 2003 “Try this”. Fin dal titolo, “Non sono morta”, l’album è animato da un sentimento di rivalsa, quasi di vendetta. Pink espone la sua diversità, affronta un vasto spettro d’argomenti che dalla politica americana alla masturbazione. E riconquista un posto nella cultura pop.
Pink è viva e lo dimostra con il singolo “Stupid girls”. È uno dei suoi successi più clamorosi di sempre e le frutta una nomination ai Grammy nella categoria Best Female Pop Vocal Performance. È una sorta di manifesto della diversità della cantante che punta il dito contro le ragazze vuote e alla moda, con almeno un passaggio memorabile: “Cos’è successo al sogno di diventare la prima presidente donna? Sta ballando in un video di 50 Cent”. C’è un’epidemia di stupidità in America, dice Pink su un ritmo ballabile. La canzone è accompagnata da un video in cui la pop star fa la parodia di alcune “ragazze stupide” dello show business americano, con riferimenti a Jessica Simpson e Paris Hilton. Sarà premiato come video pop dell’anno agli MTV Video Music Awards.
Oramai lontana dall’influenza dell’R&B percepibile nell’esordio, Pink confeziona con i produttori e co-autori Billy Mann, Max Martin, Dr. Luke e Butch Walker un disco di pop più adulto che spazia dalla ballata drammatica che ne mette in mostra le doti interpretative alla dance euforica passando per il soft rock. Pink racconta di depressione (“Nobody knows”), mette in musica una poesia sul tema della violenza carnale scritta a 13 anni (“Long way to happy”), narra della perdita di un amico o di un’amica (“Who knew”, che Taylor Swift proporrà in concerto). Spiega di non avere bisogno dell’approvazione di nessuno (“I’m not dead”), pretende di vivere seguendo le proprie regole (“Cuz I can”), dice che non è necessario stare appicciati tutti il giorno (“Leave me alone”), soppesa il valore del denaro in un testo sarcastico (“I got money now”). Offre alle fan un modello di ruolo antagonista a quelli vincenti nel pop.
In “U + Ur hand” la cantante si rivolge ai maschi che la avvicinano per fare sesso nei locali, invitandoli a far da sé: “Non sono qui per il tuo divertimento… Stasera sarete solo tu e la tua mano”. Il tema torna nella bonus track “Fingers”, dove la protagonista si masturba a letto, mordendosi la lingua per non urlare. In “Runaway” Pink si ritrae come una ragazza che fugge di casa per cercare fama e libertà, lasciando alle spalle i problemi, mentre in “Conversations with my thirteen old self” si rivolge direttamente alla tredicenne che è stata per darle sollievo dal dolore e dalla solitudine.“Mr. President” è il pezzo più politico dell’album, una lettera aperta al Presidente degli Stati Uniti George W. Bush, con la complicità del duo folk delle Indigo Girls. “Signor Presidente”, canta Pink, “cosa provi quando vedi tutti quei senzatetto per strada? Riesci a dormire mentre noi piangiamo? Come fai a sognare quando a una madre è negata la possibilità di dire addio al figlio? Che razza di padre odierebbe la figlia se fosse gay? Ne hai fatta di strada dai tempi del whisky e dalla cocaina”. L’album si chiude con la ghost track “I have seen the rain”, un duetto con il padre Jim Moore che scrisse la canzone quando combatteva in Vietnam.
“I’m not dead”, spiega Pink al Telegraph, è una sorta di risveglio: “Ho compiuto 25 anni, ho cominciato a leggere il New York Times, ho preso a preoccuparmi di meno dei miei drammi personali e di più di quel che accade nel mondo”. È un successo: l’album entra nei primi dieci nella classifica americana e nei primi cinque di quella inglese. Pur fermandosi al doppio platino negli Stati Uniti, finisce per essere uno dei venti dischi più venduti dell’anno nel mondo. “Pink” scrive Rolling Stone recensendolo “è ambiziosa nel modo in cui lo era Madonna: un caos di contraddizioni e problemi abbinato alla capacità di trasformare i conflitti interiori in arte”.